
Il 4° rapporto Agi-Censis, “L’insostenibile leggerezza dell’essere digitale nella società della conversazione”, realizzato nell’ambito del programma pluriennale “Diario dell’Innovazione” della Fondazione Cotec, ha indagato quest’anno la reazione degli italiani di fronte ai processi innovativi.
Internet appare, leggendo con attenzione i dati di questo rapporto, come un’esperienza sempre più intensa e totalizzante. La maggior parte degli utenti è ben consapevole dei lunghi periodi in rete, ma pochi fanno qualcosa per limitarsi. Tutti tracciabili, identificabili e raggiungibili, ma non importa. Anche se non si fidano della gestione dei dati da parte di social network e motori di ricerca. È il prezzo inevitabile della rete globale.
Internet pervade ormai ogni momento della vita quotidiana. La gran parte degli utenti (e in modo particolare i giovani adulti) si collega anche la sera tardi e di primo mattino. Il 61,7% utilizza i dispositivi anche a letto (tra i giovani si arriva al 79,7%). Il 34,1% usa lo smartphone a tavola (ma i giovani sono il 49,7%).
L’utilizzo intenso della rete vede al primo posto i servizi di messaggistica istantanea: il 73,4% degli utenti internet ne dichiara un uso continuativo durante il corso della giornata. Seguono lo scambio di e-mail (64,8%), la presenza sui social network (61%) e l’utilizzo dei motori di ricerca (53,8%).
Tutti on line su social e messaggistica, ma solo se è gratis. L’introduzione di un canone di pagamento o tariffa determinerebbe infatti l’abbandono di circa 2/3 degli utenti, mentre un utilizzo scorretto dei dati scoraggerebbe nella prosecuzione del rapporto il 53,5%. Non appare assoluta la fedeltà alle piattaforme utilizzate: nuove piattaforme con nuove proposte verrebbero valutate con interesse dal 21,2% degli utenti internet.
Più della metà degli utenti tende a non leggere le informazioni sulla privacy, alcuni guidati da disincanto, altri da disinteresse, altri da presunzione.
Il nuovo regolamento europeo per l’acquisizione e gestione dei dati (GDPR) non scalda i cuori: il 40,6% degli intervistati non lo ritiene fondamentale perché “anche prima era possibile effettuare scelte precise in materia di privacy”.
Contemporaneamente la maggior parte degli utenti non si fida della gestione dei dati da parte dei social network (69,6%) e dei motori di ricerca (60,5%). Migliore la situazione della fiducia nei confronti di soggetti pubblici, banche e siti di e-commerce.