Il tempo libero è un problema di libertà che però trattiamo come fosse un settore economico da organizzare e che deve portarci a redigere un bilancio con tanto di profitti da comparare alle spese.
Si parla in modo sempre più convinto d’industria del tempo libero, di servizi d’intrattenimento che producono utili e che contemporaneamente sono in grado di non farci sentire in colpa per la nostra momentanea uscita di qualche ora o di qualche giorno dal mercato produttivo dell’età contemporanea.
Il senso di colpa individuale e sociale verso la libertà del non fare è talmente rigido da non permettere allusioni seppur minime all’ozio, ritenuto prima che un male un indizio di anormale correlazione di immagine e status social più che sociale.
La pausa va bene solo se cool, documentata sui social con tanto di hashtag ed elenco delle sensazioni mistiche provate, ma se non la racconti, se la cerchi non per mostrarla o ti ritrovi fuori dalla rete di condivisioni fatta di like frenetici per una scelta non artistica ma semplicemente sulla libertà del silenzio, diventi un tipo strano, da monitorare, uno che s’illude di vivere in una bolla invece che in un bollitore.
Raccontare pubblicamente le proprie vacanze è un modo per attendere l’amnistia da parte di chi sa che non stiamo svolgendo le nostre attività consuete.
Dobbiamo garantire sempre, in un modo o nell’altro, la nostra attività e la nostra produzione di contenuti social, anche in tempo di vacanze, è un continum che ci tiene in vita, visibili, ci permette di riempire il tempo sulle bacheche degli altri, non lo spazio ma proprio il tempo, perché è quello che fanno passare quelli che ci guardano e che possono così, a loro volta, dirsi che non sono in pausa ma che si stanno informando, alimentando il terreno comune della presenza e bandendo ogni forma d’assenza.
I viaggi di gruppo, i villaggi turistici, le file ai musei, sono attività socialmente riconosciute e ben accette per riempire il tempo libero di contenuti, come se tutto fosse un enorme contenitore e dovessimo vivere per metterci dentro ogni giorno qualcosa. Se saltiamo un giorno non esistiamo.
Può sembrare estrema e provocatoria come frase, ma anche leggere nella propria stanza o nel proprio salotto è un’attività che non può restare isolata nel nostro tempo personale senza correre il rischio di essere valutata ignobilmente.
Va socializzata istantaneamente e così ricondotta nella pastoia dei contenuti per dimostrare quanto sia utile ciò che facciamo. Il tempo libero non può essere vissuto senza essere evocato, non te ne puoi andare in giro o stare steso senza un proclama, un annuncio che faccia da preludio al resto che pubblicherai di ciò che farai per viverlo.
Solo gli animali non postano ma loro malgrado non hanno possibilità di evitare la propria esposizione nel flusso della quale si preoccupano, come sempre, gli uomini.
Quindi, a stretto rigor di logica, per il tempo degli animali la decisione spetta agli uomini e per quello degli uomini la decisione è stata già presa: o stai con noi, con tutti noi, oppure sei libero.